Nei primissimi giorni dell'anno è consuetudine consolidata andare con l'amico Enrico a “pestare un po' di neve” sul monte Antola per l'esordio, per così dire, della stagione escursionistico-alpinistica. Così è stato anche per il 2010. Raggiunta la grossa croce bianca posta in vetta abbiamo notato due cani nei pressi. Siccome in quel momento erano presenti anche altre persone abbiamo pensato che fossero i loro. Enrico che ama a dismisura i cani non ha potuto fare a meno di accarezzarli. La sua sensibilità per questi animali lo ha portato a capire immediatamente che c'era qualcosa che non andava. In effetti non ci voleva un cinofilo per constatare che tremavano all'inverosimile, infreddoliti, quasi assiderati ed erano provati dalla fame, al limite delle forze. Si erano persi, smarriti e seguendo probabilmente qualcuno, in cerca di aiuto e cibo si sono ritrovati fin quassù. Sicuramente in queste condizioni un'altra notte, con molti gradi sotto lo zero ed un gelido vento teso, non avrebbero resistito ulteriormente, nonostante fossero due begli esemplari di cani da caccia di razza e ben addestrati. Al collare di entrambi, munito di radio satellitare, c'erano impressi dei recapiti telefonici. Senza esitare abbiamo contattato i proprietari. “Sono ormai 4 giorni che li stiamo cercando” ci hanno detto al cellulare. “Ce li avevano segnalati in varie zone del Parco dell'Antola ma non eravamo riusciti a trovarli. Stavamo perdendo le speranze, in queste condizioni è quasi impossibile sopravvivere.” Ci si accorda per incontrarci, di li a poco, nel paese da cui noi siamo partiti. Si imbrigliano i cani con le fettucce dei bastoncini a mo di guinzaglio e si comincia scendere, non prima di avergli dato da mangiare quel poco che anche noi siamo riusciti a trovare nello zaino: qualche biscotto, un po' di formaggio, qualche fetta di speck, un tozzo di pane e dei cracker. Al di la della breve cronaca per far comprendere il fatto, lungi dal voler essere un auto celebrazione per la buona azione compiuta, invito i lettori ad una riflessione che mi sorge spontanea nei confronti di coloro i quali frequentano la montagna, ma non solo. Come mai nessuno, incappando in queste due bestiole non abbia fatto nulla, per tutto questo tempo, per aiutare queste due creature? Certamente di persone ne hanno incontrato in questi quattro giorni. Bastava davvero poco per alleviargli la sofferenza e salvarli ben prima del nostro intervento, perché, ripeto, erano in condizioni che sarebbero andati incontro a morte certa. La natura, la flora e la fauna, fanno parte integrante della montagna, chi va in montagna spera sempre di fare incontri con degli animali. Per cui mi chiedo come si possa rimanere cinicamente impassibili di fronte a chi ha necessità di aiuto.
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